Il nucleare appartiene a un passato di paura ed incertezza

flyer_iL’energia nucleare appartiene al passato, al periodo della guerra fredda e all’ansia di controllo centralizzato che ha caratterizzato quell’epoca storica. La possibilità di avere sott’occhio la produzione di energia elettrica, seppur per mezzo del pericolosissimo uranio, dava un senso di sicurezza ai governanti. Il pericolo di un incidente nucleare veniva compensato con la possibilità di essere energeticamente indipendenti, una volta comprato e stoccato l’uranio. Una realtà triste che ha condizionato la nostra vita ma che per fortuna è legata al passato. Al giorno d’oggi possiamo sostituire l’uranio con il sole, l’acqua e il vento. E possiamo farlo decentralizzando la produzione, e mettendoci quindi al riparo anche da attacchi terroristici che potrebbero paralizzare e distruggere il nostro Paese. Immaginate un attacco a una centrale nucleare con le conseguenti perdite di radioattività sul territorio: uno scenario da brividi!

Per fortuna, le alternative ci sono. Le tecnologie per l’uso delle energie rinnovabili sono disponibili, già ampiamente testate nella pratica e a costi accessibili. La Svizzera dispone di abbastanza potenziale per coprire il proprio fabbisogno elettrico con acqua, vento, biomassa, sole e geotermico. Tutte fonti rinnovabili e che ci rendono indipendenti dall’estero. E che ci permettono di fare qualcosa personalmente per l’indipendenza della nostra nazione: con un pannello solare posso produrre e vendere energia elettrica e contribuire al benessere del mio Paese.

Anche dal punto di vista economico, l’atomo non è un affare. L’uso di centrali nucleari in Svizzera crea pochi posti di lavoro: per reattore lavorano circa 400 dipendenti; al contrario le energie rinnovabili creano posti di lavoro permanenti e sensati all’interno di tutto il territorio svizzero: anche il Ticino ne può approfittare ampiamente, sia nel settore idrico che in quello solare. Per esempio, il settore economico delle energie rinnovabili in Germania ha sostituto negli ultimi anni 27 centrali nucleari della grandezza di Mühleberg e ha così generato 300’000 posti di lavoro.

Per quanto riguarda la svolta energetica, in Svizzera sussiste un potenziale lavorativo che ammonta a più di 10’000 nuovi posti di lavoro. Secondo uno studio della Fondazione Svizzera dell’energia SES per l’intera svolta energetica il potenziale ammonta a circa ulteriori 85’000 posti di lavoro. Posti di lavoro qualificati e ben distribuiti sul territorio. Per tutti questi motivi, vi invito, il 27 novembre a votare SÌ all’uscita pianificata dal nucleare entro il 2029.

Claudia Crivelli Barella