Rapporto attività Commissione di sorveglianza delle condizioni di detenzione

Il mio (ultimo) intervento in Parlamento! In riferimento al Rapporto di attività della Commissione di sorveglianza delle condizioni di detenzione per il periodo da giugno 2022 a febbraio 2023.

Questo sarà l’ultimo intervento di questi dodici anni di attività parlamentare, e se è vero che mi mancheranno diverse questioni e persone legate a questa nostra attività, posso affermare con certezza che ciò di cui sentirò maggiormente la mancanza saranno le visite della commissione carceri. Entrare in un carcere, avere l’opportunità di dialogare con i detenuti e con le guardie, è sicuramente un arricchimento e un’esperienza che aiuta a riflettere su termini quali libertà, colpa e riparazione, possibilità di una vita dopo il periodo di detenzione. La linea di separazione tra guardie, visitatori e carcerati è molto labile: dopo un po’, risulta evidente che il denominatore comune è il fatto di essere tutte e tutti degli esseri umani, con limiti, errori, punti di vista, punti di partenza e risorse.

La giustizia riparativa o giustizia rigenerativa è un approccio che consiste nel considerare il reato principalmente in termini di danno alle persone. Da ciò consegue l’obbligo, per l’autore del reato, di rimediare alle conseguenze lesive della sua condotta. A tal fine, si prospetta un coinvolgimento attivo della vittima, dell’agente e della stessa comunità civile nella ricerca di soluzioni atte a far fronte all’insieme di bisogni scaturiti a seguito del reato.

Come spiega uno dei suoi fondatori, Howard Zehr, la giustizia riparativa si distingue criticamente dal modello moderno e contemporaneo di pena, il quale tende a considerare il reato come ‘violazione di una norma’ (o meglio, come realizzazione di una condotta ascrivibile ad una fattispecie astratta descritta da una norma penale) e la pena come ‘conseguenza giuridica’ che sanziona tale condotta (pur diversamente caratterizzata per giustificazione e finalità). Diversamente, la giustizia riparativa propone una sorta di equazione per la quale “Il crimine è una violazione delle persone e delle relazioni interpersonali; le violazioni creano obblighi; l’obbligo principale è quello di ‘rimediare ai torti commessi’. Ne emerge una sorta di ‘rivoluzione copernicana’ per effetto della quale il problema centrale per la giustizia penale non è un concetto astratto di ordine giuridico, bensì la persona come singolo e come essere relazionale. Per questo, la giustizia riparativa è stata definita come un nuovo paradigma, caratterizzato da una profonda rivendicazione della centralità della persona e dell’intersoggettività nell’analisi del problema penale e nella proposta di una riforma organica della giustizia penale. In senso critico, la giustizia riparativa denuncia l’impostazione formalistica del diritto penale moderno e contemporaneo, che si ritiene abbia prodotto un sistema altamente burocratizzato e astratto, nel quale le persone – con le loro esperienze, il vissuto, le esigenze e le relazioni – rimangono del tutto marginali. Ciò emergerebbe soprattutto con riferimento alla vittima del reato, destinata ad assumere un ruolo del tutto secondario ed eventuale nella tradizionale ‘amministrazione della giustizia’. Essa andrebbe invece ritenuta la principale destinataria delle attenzioni del sistema-giustizia, e perciò coinvolta attivamente nel procedimento che, a partire dalle indagini, conduce all’irrogazione e all’esecuzione della pena.

Andrebbe parimenti valorizzata l’esigenza di un’autentica responsabilizzazione dell’offensore, sostanzialmente privo di reali occasioni per prendere coscienza delle conseguenze che le sue azioni hanno sortito in altre vite: una finalità, quest’ultima, che non dovrebbe essere perseguita attraverso astratti e pre-definiti programmi di ‘rieducazione’, bensì in primo luogo mostrando all’offensore gli effetti del suo comportamento sulle vite che da questo sono state affette e chiamandolo, nei limiti del possibile, a porvi rimedio attivamente. Non da ultimo, la giustizia riparativa propone modelli di soluzione della controversia atti a favorire il coinvolgimento di vittima, offensore e comunità civile nella ricerca di una soluzione atta a rispondere in termini adeguati alla lesione cagionata dal reato: tale proposta risponderebbe all’esigenza di correggere l’eccessiva dimensione ‘burocratizzata ed agonistica’ del processo, cui si contesta l’incapacità di evidenziare e ricomporre le ‘ferite’ effettivamente causate dal reato nel tessuto sociale da esso colpito. L’idea riparativa e partecipativa di giustizia penale avanzata dalla giustizia riparativa risponde all’esigenza di restituire attenzione alla dimensione personale e sociale che investe il crimine, senza la quale la pena altro non sarebbe che un’afflizione dagli esiti alienanti, non di rado violenti, e comunque incapace di rispondere alle esigenze concretamente sorte, nelle persone e nelle comunità civili, a seguito della commissione di un reato.

Con questa riflessione sciolgo la mia riserva al rapporto, che oltre per i motivi già bene espressi da Luca Pagani (e dal gruppo socialista) è dovuta anche ad una sostanziale e troppo grande distanza tra la mia sensibilità e quella dell’estenditrice del rapporto sul modo di vedere l’essere umano e il tema della carcerazione che si è evidenziato in più occasioni durante questi anni.

Ringrazio l’intera Commissione e il segretario Mattia Delorenzi per l’ottimo clima di lavoro sperimentato in questo come negli anni precedenti.