Salviamo il lavoro

I Verdi del TicinoVi invito a votare sì all’iniziativa “Salviamo il lavoro” attualmente in votazione, approvata dal Gran Consiglio nel marzo 2015. L’iniziativa non introduce un salario minimo nella Costituzione, bensì il principio che il lavoro in Ticino dev’essere retribuito in modo ‘dignitoso’, trasformando un obiettivo sociale, già oggi ancorato nella nostra Costituzione cantonale, in un diritto sociale. In Ticino esistono 48 settori economici, ma solo 20 sono coperti da un Contratto collettivo di lavoro con salario minimo vincolante, mentre altri settori sono coperti dai contratti normali di lavoro decisi dal Consiglio di Stato su invito della Commissione tripartita. I contratti normali di lavoro (CNL) non sono una soluzione accettabile e sufficiente.

Una volta approvata dal popolo, toccherà al governo e al parlamento decidere come applicare i principi contenuti nell’iniziativa. Due Cantoni, Giura e Neuchâtel, in cui un’iniziativa analoga è già stata accolta in votazione popolare, hanno deciso per un salario unico, calcolato in base ai criteri stabiliti per la rendita complementare AVS/AI.

L’iniziativa toccherà almeno 7000 cittadini residenti in Ticino, dove11’000 salari a tempo pieno sono inferiori ai 3’106 CHF. Se guardiamo al genere, il dato maschile ci dice che il 10% dei salari (quindi oltre 7’000 salari) è inferiore ai 3’571 CHF,
ma la situazione maggiormente problematica concerne la situazione femminile. In questo caso il 10% dei salari femminili è inferiore ai 2’275 franchi (parliamo di circa 4’000 salari) e il 25%, quindi un quarto degli interi salari femminili privati dell’economia cantonale, è inferiore ai 3’378 franchi (quindi oltre 10’000 salari). L’iniziativa non risolve tutti i problemi del mondo del lavoro, ma permette di mettere un fondo a quanto in basso potranno scendere i salari, non solo per oggi ma soprattutto per domani, e non solo per noi ma soprattutto per i nostri figli. Il Canton Neuchâtel ha deciso di applicare una iniziativa analoga alla nostra anche se riguarda solo 2700 persone e lo ha fatto proprio per frenare il trend al ribasso dei salari e anche per fissare una soglia salariale di riferimento per i contratti collettivi. L’iniziativa permette di porre un freno alla diminuzione del salario mediano ticinese, che oggi è inferiore del 16.8 % al reddito mediano nazionale, cioè di 1000 franchi inferiore a quello svizzero e negli ultimi anni il divario tra salari ticinesi e quelli svizzeri è in aumento (nel 2004 era del 13,8% pari a 760 franchi). Dai dati dell’amministrazione federale delle finanze per il 2014 emerge che quasi ¼ della popolazione ticinese vive in un’economia domestica con un reddito uguale o inferiore alla soglia di povertà. Tra il 2003 e il 2010 il reddito mediano delle economie domestiche ticinesi è calato dell’8%. Se i salariati non hanno soldi da spendere è inutile tenere aperti i negozi e sollecitare i residenti a far la spesa in Ticino. Settori importanti come la ristorazione, il commercio al dettaglio, l’edilizia hanno tutto da guadagnare da cittadini che guadagnano in modo dignitoso.

Mettere un freno alla caduta dei salari significa salvare il gettito fiscale del Cantone e poter ridurre la spesa sociale. Oggi il 40% delle persone in assistenza (e sono 7000 le persone che fanno capo all’assistenza), pur lavorando, non riescono a mantenere se stessi e la propria famiglia.

L’iniziativa è flessibile, moderata e ragionevole ed è un contributo importante alla salvaguardia del mondo del lavoro, e servirà per porre un freno al fenomeno di sostituzione di manodopera locale con manodopera frontaliera e favorisce il riassorbimento della disoccupazione. Ventuno Paesi europei, tra cui la Gran Bretagna e la Germania, hanno già adottato un salario minimo.

Da ultimo, anche Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, e Mario Draghi, presidente della Banca Europea, hanno sostenuto la necessità per tutta l’economia di aumentare i salari.