Le elezioni e il gergo politico

Le parole hanno un’importanza: sceglierle alcune, usarle con attenzione o con noncuranza, racconta del nostro modo di essere e di intendere la vita, oltre a creare la nostra personale visione del mondo. Ora: vero è che la politica è in qualche modo l’arte civilizzata di fare la guerra, e che una parte di lotta, se leale e rispettosa dell’altro, è stimolante e utile anche al pensiero. Ma a volte ci adagiamo sulle parole, e senza accorgercene lasciamo che descrivano un mondo che non è il nostro. Così, troppo spesso leggo di “candidati in corsa” (ma io non sono un cavallo!); di “squadre di un partito” ( il mio partito è composto da persone che mi piacciono e che ammiro, ma una squadra mi fa pensare tuttalpiù al calcio o una squadriglia militare);…senza parlare delle sigle (incomprensibili alle persone al di fuori di ambiti molto ristretti) e a vecchie faide di cui solo gli antichi hanno memoria (raccontiamole solo a chi interessano, avendo il coraggio di affrontare modelli nuovi di comunicazione).

Una candidatura politica rivela per me l’impegno di una persona che ha raggiunto un buon livello di conoscenza della vita nel proprio ambito personale e professionale e decide di mettere a disposizione della collettività la propria intelligenza (di qualsiasi tipo essa sia: per vedere vari aspetti della realtà dobbiamo unire visioni diverse e saperi differenti), il proprio impegno e la propria passione. Non è utopico: per tutti, è davvero così. Gli interessi privati, le faide partitiche…c’è anche questo da qualche parte, ma parliamo alla parte sana e collaborativa delle persone, smettiamo l’ascia di guerra che porta solo divisioni e troviamo un modo per parlare di noi stessi e degli altri con il rispetto che meritiamo. Non sono un cavallo, ma una guerriera a cavallo. Onore al nemico!