Sul clima non c’è più tempo da perdere

INIZIATIVA PARLAMENTARE presentata nella forma elaborata da Francesco Maggi e cofirmatari per il Gruppo dei Verdi per la modifica dell’art. 4 della Legge cantonale sull’energia (Sul clima non c’è più tempo da perdere)

del 18 febbraio 2019

Contro il riscaldamento globale non c’è più tempo da perdere, se vogliamo evitare conseguenze catastrofiche per noi e per il pianeta: è il senso del rapporto speciale pubblicato nell’ottobre 2018 dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC), il più importante organismo scientifico dedicato alla ricerca su come sta cambiando il clima del pianeta, soprattutto in seguito alle attività umane con la costante emissione nell’atmosfera di anidride carbonica (CO2). Il rapporto dice che agli attuali ritmi entro il 2030 l’aumento della temperatura media globale sarà superiore agli 1.5°C ritenuti la soglia massima di sicurezza per avere effetti importanti ma gestibili, seppure con grandi spese di denaro e risorse.

Le conclusioni dell’IPCC sono il frutto di anni di lavoro, basato sulle ricerche di migliaia di scienziati, e con il contributo di altre migliaia di esperti. Benché l’IPCC non possa andare oltre l’analisi dell’esistente e la stima dei rischi, e lo debba fare con i mezzi della diplomazia internazionale, negli ultimi anni ha affrontato il tema del cambiamento climatico con toni molto più determinati. L’obiettivo non è fare allarmismo, ma dare il senso di emergenza e dei concreti rischi che stiamo correndo tutti, e che possono essere mitigati solo con iniziative coordinate a livello globale.

Secondo le ricerche citate nel rapporto, è essenziale che si resti al di sotto dell’aumento di 1.5°C per quanto riguarda la temperatura media mondiale. Il contenimento dei danni è infatti molto più significativo rispetto a un aumento di 2°C, fino a qualche anno fa ritenuto ancora gestibile. Mantenersi sotto la soglia degli 1.5°C non sarà comunque per niente facile e richiederà cambiamenti nel modo in cui produciamo energia elettrica, in cui gestiamo coltivazioni e allevamenti, senza contare le modifiche sostanziali ai sistemi dei trasporti per interrompere la dipendenza dai combustibili fossili.

Allo stato attuale e senza interventi incisivi, la soglia degli 1.5°C potrebbe essere superata in tempi brevissimi: appena 12 anni.

5 cose da fare

L’IPCC indica una sorta di percorso a tappe forzate per evitare il superamento degli 1.5°C:

  • ridurre le emissioni globali di CO2 in modo da arrivare nel 2030 a produrre il 45% di quelle prodotte nel 2010;
  • produrre l’85% dell’energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2050;
  • portare il consumo di carbone a zero il prima possibile;
  • allocare almeno 7 milioni di chilometri quadrati (l’equivalente della superficie dell’Australia) alle coltivazioni per i biocarburanti;
  • raggiungere l’equilibrio ed essere quindi a emissioni zero entro il 2050.

Non c’è più tempo

Il rapporto spiega che non c’è più tempo per rinviare le decisioni, soprattutto se i governi vogliono affrontare il problema con soluzioni sicure e praticabili. Ulteriori rinvii, infatti, renderebbero necessario il ricorso a sistemi ancora sperimentali e dai risultati incerti, che costerebbero molto più denaro e non offrirebbero certezze sulla riduzione dei rischi.

Se non ce la facessimo?

L’eventualità che si superi la soglia di 1.5°C porta a scenari inquietanti, spiegano i ricercatori. Un aumento della temperatura media globale di 2°C porterebbe alla scomparsa delle barriere coralline, e dei loro interi e articolati ecosistemi marini. Il livello dei mari si alzerebbe cambiando radicalmente la vita di milioni di persone che vivono lungo le coste. Gli oceani andrebbero incontro a processi ancora più intensi di acidificazione rispetto agli attuali, con conseguenze molto gravi per la pesca, la flora e la fauna marina. Estati più torride ed eventi climatici estremi renderebbero più difficile e dispendiosa la coltivazione dei cereali, la prima fonte di nutrimento per miliardi di persone in buona parte del mondo.

Il rapporto dell’IPCC indica che solo attraverso un cambiamento significativo, e molto rapido, del modo in cui viviamo e delle nostre abitudini potremo evitare gravi conseguenze. Questo implica modificare il modo in cui produciamo energia elettrica, privilegiando le fonti rinnovabili sopra ogni altra cosa, il modo in cui funziona la catena produttiva, il sistema dei trasporti, delle coltivazioni e la stessa organizzazione delle nostre città. Più si aspetta, più diventerà difficile farlo in modo organizzato ed economicamente sostenibile, e sarà peggio per tutti.

I cambiamenti climatici in Svizzera

Secondo i dati registrati da Meteosvizzera, nel corso degli ultimi 150 anni la temperatura in Svizzera è aumentata di 2°C, molto di più rispetto al resto del mondo (+0.9°C). A testimonianza di quanto sia sensibile l’area alpina ai cambiamenti climatici. La Svizzera sarà quindi particolarmente colpita dai fenomeni estremi, come le forti piogge, le giornate canicolari, la siccità, gli incendi boschivi e gli inverni senza neve. Il Ticino è da sempre ancora più esposto a queste minacce rispetto al resto del Paese.

Dobbiamo quindi agire in fretta, contribuendo allo sforzo globale di riduzione delle emissioni di CO2 e pianificando misure di adattamento, ormai indispensabili.

Conformemente alle raccomandazioni dell’IPCC, la Legge cantonale sull’energia è modificata come segue:

Art. 4

1Il PEC (attuale):

  1. a) stabilisce gli indirizzi della politica energetica cantonale;
  2. b) fissa gli obiettivi per ogni settore del sistema energetico (obiettivi settoriali) sulla base di specifiche schede;
  3. c) definisce un piano d’azione comprendente:

– gli strumenti atti a raggiungere gli obiettivi settoriali,

– lo scenario energetico determinato dall’adozione di questi strumenti,

– le autorità che sono tenute ad attuarlo e

– i soggetti a cui esso si applica.

2Nell’ambito degli aggiornamenti del PEC il Consiglio di Stato verifica i risultati raggiunti e informa sull’evoluzione della produzione, dell’approvvigionamento, della distribuzione e dei consumi di energia.

Art. 4

1Il PEC (nuovo):

  1. a) stabilisce gli indirizzi della politica energetica cantonale;
  2. b) fissa gli obiettivi per ogni settore del sistema energetico (obiettivi settoriali) sulla base di specifiche schede.
  3. c) Fissa gli obiettivi di riduzione del CO2. Riduzione del 45% delle emissioni entro il 2030 rispetto al valore del 2010 e del 90% entro il 2050. Al più tardi dal 2040 il Cantone Ticino dovrà essere climaticamente neutro mediante compensazioni delle emissioni residue all’estero, soprattutto con progetti di riforestazione;
  4. d) definisce un piano d’azione comprendente:

– gli strumenti atti a raggiungere gli obiettivi settoriali,

– lo scenario energetico determinato dall’adozione di questi strumenti,

– le autorità che sono tenute ad attuarlo e

– i soggetti a cui esso si applica.

2Nell’ambito degli aggiornamenti del PEC il Consiglio di Stato verifica i risultati raggiunti e informa sull’evoluzione della produzione, dell’approvvigionamento, della distribuzione e dei consumi di energia.

 

Per il Gruppo dei Verdi:

Francesco Maggi, Claudia Crivelli Barella, Michela Delcò Petralli