Sugli sgravi fiscali alle famiglie

La politica è fatta da molte persone con buoni propositi e ottimi intendimenti, persone che si impegnano e sacrificano buona parte del loro tempo per la causa del bene collettivo. Dunque, concediamocelo, qualche scivolone è lecito: l’altro giorno, nell’aula del Gran Consiglio, mentre si dibatteva sugli sgravi fiscali alle famiglie che scelgono di dedicarsi ai figli in prima persona, ho assistito ad una fila impressionante di luoghi comuni, di false credenze, di realtà distorte, fino a cadere nel solito tranello di uomini contro donne (siamo ancora qui a questi giochi da scuola elementare, con le nostre rughe e le nostre pance prominenti: farebbe quasi tenerezza, se non fosse triste!): su chi sarebbe migliore, le donne che stanno a casa ad accudire i figli o gli uomini che lavorano e portano a casa la pagnotta? Parlo con conoscenza di causa: sono sposata da ventidue anni, mio marito ed io abbiamo cresciuto tre figlie lavorando a ritmi alterni per non lasciarle sole neppure un’ora: sempre, o con la mamma o con il papà. Siamo stati tenaci, fortunati, a volte molto stanchi, altre felici delle nostre scelte (che hanno comportato costi e benefici, ben aldilà di quelli meramente economici).

Eppure, sono ben cosciente che questo è uno dei molti modelli possibili di famiglia, ma non l’unico e certamente non il candidato alla pretesa di miglior modello possibile: ognuno fa quello che può, e la “famiglia tradizionale” (cfr. Dati, statistiche e società del mese di settembre) si compone oggi in svariate forme: due papà e una mamma che lavorano, due uomini, due donne, un solo genitore, un genitore e un nonno, due nuclei che si alternano, un papà che sta a casa e una mamma che lavora, eccetera. A volte, le situazioni sono difficili, ma vivere in famiglia non è mai stato facile (di più: vivere non è mai stato facile), e ho l’impressione che i bambini di oggi abbiano competenze che non avevano quelli che sono diventati oggi i deputati in aula (me compresa). La società cambia molto in fretta, e non soltanto in modo negativo. Sentire un signore di mezza età che colpevolizza le madri lavoratrici per tutti i mali della società (ricoveri in clinica psichiatrica, difficoltà scolastiche,…) non fa arrabbiare: fa addirittura sorridere per l’irrealtà del dibattito. Il mondo sta cambiando, e noi là dentro come in un acquario, a cercare modi bislacchi per sentirci utili a una società il cui senso ci sfugge, e a dipingere ideali famiglie da Mulino bianco che penalizzano le famiglie reali, dipingendole come inadeguate invece di valorizzarle.