I centri rifugiati

A Chiasso, cittadini e politici concordano con l’idea di spostare lontano dall’abitato il centro rifugiati. Atti di vandalismo, aggressioni, disturbo alla quiete pubblica sono argomenti pesanti, e si capisce il desiderio di ritrovare la pace nella cittadina di confine. Ma, ma…le soluzioni razionali non sono sempre le più lungimiranti, o le più umane, e spesso gli interventi effettuati sotto a spinta dell’ansia e della paura risultano essere efficaci e rasserenanti sul breve periodo, ma pessime sul lungo. Per fare un paragone, prendiamo le centrali nucleari: nessuno ne vorrebbe una sotto casa, a parte l’estetica, un po’ di paura fanno anche ai convinti nuclearisti, e così le si è edificate lontano dai centri, dimenticandosi quasi della loro esistenza: errore fatale, come i fatti giapponesi ci hanno mostrato. Gli esseri umani non sono sostanze radioattive, ma le reazioni che l’isolamento e l’allontanamento portano con sé non sono meno devastanti.

Altro esempio: un buon consiglio che si può dare ad una donna che sospetta un tradimento, è di tenersi vicina alla presunta rivale in amore: solo ciò che lontano, oscuro, inaccessibile e invisibile contiene i germi pericolosi della minaccia. Ciò che si conosce, si impara a capire, ad integrare nell’esperienza quotidiana e psichica. Per i nostri figli, crescere senza incontrare ogni giorno le facce diverse e strane (straniere) dei rifugiati sarebbe più facile, e nel contempo davvero pericoloso per la loro crescita: lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Via, fingendo che la questioni non si ponga, che il mondo sia quello di cinquant’anni fa, che i grandi fenomeni migratori non siano la logica conseguenza delle scelte dell’ultimo secolo.

E allora, cosa fare? Chiasso ha imboccato la via giusta, integrando i rifugiati in lavori di pubblica utilità, dando loro possibilità di ascolto e di utilizzo del tempo che non sia alienante, anche con visite civiche che consentano a chi se ne andrà di partire arricchito, di portare con sé un po’ della nostra cultura, semi che partono per il mondo e che contribuiscono alla biodiversità, e a chi resterà di iniziare a conoscere il territorio, non relegando i rifugiati nello spazio del totalmente diverso, inconoscibile, inavvicinabile, pauroso per sé e per gli altri. Una via difficile, ma come spesso nella vita, la più impegnativa è la via migliore.