Commissione carceri, intervento in Gc del 24 giugno 2020

Siamo tutti in qualche modo prigionieri: delle nostre scelte, delle nostre paure, dei nostri limiti.

Il periodo di lockdown che abbiamo vissuto gli scorsi mesi ci ha dato un’idea di quello che significhi essere privati di libertà che davamo per scontate, una riflessione che ci può avvicinare a chi si trova a scontare una pena. Certo, noi pensiamo di non avere pene da scontare, e ad una prima analisi chiaramente non abbiamo infranto nessuna legge, ma, come cantava De André nella Canzone del maggio, “anche se vi sentite assolti, siete lo stesso coinvolti”: la situazione della salute della Terra e dei suoi abitanti ci riguarda tutte e tutti, e ognuno di noi ha la propria dose di colpe, ad un certo livello.

Le carceri, nel mondo e non solo in Ticino, sono anche un mezzo per contenere quelle forme di disagio, individuale e quindi sociale, che non trovano una risposta adeguata all’esterno, in special modo da parte di quelle istituzioni della cura che dovrebbero occuparsene. Devo dire che è particolarmente difficile trovarsi confrontati con giovani ragazze e ragazzi: sedicenni o diciassettenni in carcere per furti o spaccio, per i quali è difficile immaginare un futuro sano.

La Commissione ha lavorato con stima e fiducia nella Direzione e nelle strutture carcerarie, ma nondimeno mantenendo sempre alta la guardia e l’attenzione. Ringrazio la Presidente Luigina La Mantia e la segretaria Francesca Martini che ci lascia dopo tanti anni di lavoro sempre competente, scrupoloso e gentile; e saluto l’entrata in carica del nuovo segretario Mattia Delorenzi e il nuovo Presidente Fabio Schnellman.