Nessun trionfo, ma un compromesso sofferto che mette fine a 5 anni di indecente tira e molla

In base al compromesso raggiunto in Commissione della Gestione del Gran Consiglio e firmato dai Verdi del Ticino, dal Partito Socialista, dalla Lega e dal PPD, i lavoratori avranno un salario orario minimo di 1 franco più elevato di quanto proposto dal Consiglio di Stato, ma occorrerà ben altro per risolvere i problemi del mercato del lavoro ticinese

Il 14 giugno 2015 il 54.7% dell’elettorato del nostro cantone ha detto un SI convinto all’iniziativa dei Verdi ticinesi denominata “Salviamo il lavoro in Ticino”. L’iniziativa ha inserito nell’articolo 13 della costituzione cantonale il seguente capoverso: “Ogni persona ha diritto ad un salario minimo che gli assicuri un tenore di vita dignitoso. Se un salario minimo non è garantito da un contratto collettivo di lavoro (d’obbligatorietà generale e con un salario minimo obbligatorio) esso è stabilito dal Consiglio di Stato e corrisponde a una percentuale del salario mediano per mansione e settore economico.” La grande disponibilità di personale frontaliero a buon mercato ha infatti provocato nell’ultimo decennio in Ticino a una forte pressione al ribasso sui salari in Ticino. Con l’iniziativa del 2015 sul salario minimo, i Verdi del Ticino hanno voluto porre un freno al crollo dei salari nel nostro cantone e frenare il dumping salariale dei frontalieri, permettendo così di salvaguardare il lavoro a condizioni decorose dei residenti.

Cinque lunghi anni di attesa

Come per ogni articolo costituzionale, la sua attuazione dipende dalla relativa legge d’applicazione, sulla quale finora non si era riusciti finora a trovare alcun accordo. Dopo 5 anni di tira e molla nella Commissione di Gestione del Gran Consiglio si è ora finalmente riusciti raggiungere un compromesso, che ovviamente, come ogni compromesso, non può soddisfare completamente ogni contraente. Noi Verdi avremmo voluto un salario minimo di 21,50 franchi, ma realisticamente, con 6 deputati su 90, non avevamo alcuna possibilità di fare passare la nostra posizione in Gran Consiglio, neppure col sostegno compatto del Partito Socialista e della Sinistra alternativa. D’altro canto irrigidirsi su una posizione massimalista non avrebbe certamente giovato a tutti quei lavoratori, e sono migliaia, i quali un aumento di salario, anche se limitato, se lo sognano da anni. Anche se in quest’ambito i Verdi del Ticino non non sono riusciti a raggiunger tutti gli obiettivi che si erano prefissati, con il compromesso raggiunto in Commissione della Gestione due cose molto positive le hanno ottenute: il salario orario minimo sarà a termine di 1 franco superiore a quello che aveva proposto il Consiglio di Stato e il governo sarà costretto ad adeguare le norme in materia di prestazioni sociali in modo che dall’introduzione del salario minimo non derivi alcun danno per le lavoratrici e i lavoratori. Si, perché senza quest’ultima disposizione, l’introduzione del salario minimo avrebbe potuto avere l’effetto perverso di escludere numerosi lavoratori a basso reddito dal beneficio delle prestazioni sociali, i quali avrebbero così arrischiato di ritrovarsi con meno soldi in tasca di prima. Il Verdi del Ticino auspicano che tutte le forze politiche che hanno firmato questo rapporto manterranno le promesse fatte e approveranno quindi anche la forchetta finale del salario minimo prevista alla fine del quarto anno, vale a dire 19.75 – 20.25.

Occorrono altre iniziative

È chiaro che l’introduzione del salario minimo non è un rimedio universale a tutti i mali che affliggono il mondo di lavoro in Ticino. Ecco perché 8 deputati dei Verdi del Ticino e del Partito Comunista hanno presentato lo scorso agosto un’iniziativa parlamentare in cui si chiede al Gran Consiglio di intervenire a Berna affinché il Ticino sia riconosciuto come “Cantone a statuto speciale”, in modo da poter prendere nel nostro cantone dei provvedimenti a tutela dei lavoratori più incisivi di quelli che sono in vigore nel resto della Svizzera. Una richiesta analoga per il Ticino era già stata fatta dai Verdi nel 2009 e fu allora approvata dal Gran Consiglio, ma purtroppo bocciata dall’assemblea federale nel 2015. Visto l’ulteriore peggioramento del mercato del lavoro in questi 10 anni, è però più che mai necessaria e va quindi riproposta. Altre iniziative potranno essere prese a livello nazionale, ora che i Verdi del Ticino sono rappresentati in Consiglio Nazionale da Greta Gysin. Fra queste la richiesta di un incontro urgente con la direzione della Segreteria di Stato dell’economia SECO, per discutere della grave situazione in cui si trova il mercato del lavoro ticinese. A livello federale si farà inoltre il possibile per riproporre un salario minimo economico di 4000 franchi mensili, eliminando così tutte le restrizioni legate al salario minimo sociale, l’unico attualmente legalmente possibile.

Ed infine un’ultima considerazione. Nel corso dell’ultima campagna per le elezioni federali i Verdi sono stati spesso accusati di essere un partito massimalista, un partito incapace di scendere a compromessi, un partito non maturo per entrare nella stanza dei bottoni. Il compromesso raggiunto in Commissione della Gestione in merito al salario minimo dimostra l’esatto contrario. In politica quel che conta sono i risultati, tutto il resto è tempo perso.