Intervento sulla mozione interpartitica per la “Creazione di un indirizzo umanistico nei licei ticinesi”

Ecco il mio intervento in qualità di mozionante per il dibattito della sessione odierna del Gran Consiglio sulla mozione interpartitica per la “Creazione di un indirizzo umanistico nei licei ticinesi”. Qui trovate la mozione.

Care colleghe, cari colleghi, soltanto due parole per ringraziare la Commissione scolastica per la celerità con la quale ha dato seguito alla mia mozione di settembre sulla creazione di un indirizzo umanistico nei licei ticinesi e a Franco Celio per il suo rapporto che dà un margine di manovra nel senso auspicato dalla mozione. Ci tengo a dire qualcosa per inquadrare la problematica affrontata dalla mozione nel contesto generale della nostra società, e per farlo mi riferisco al saggio dal titolo Psiche e techné di Umberto Galimberti, nel quale sostiene che la tecnica ha sostituito la natura che ci circonda e costituisce oggi l’ambiente nel quale viviamo. Noi però ci muoviamo in esso con i tratti tipici dell’uomo pre-tecnologico che agiva in vista di scopi, con un bagaglio di idee proprie e di sentimenti in cui si riconosceva. Ma la tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela verità: la tecnica “funziona”.

Come “analfabeti emotivi” assistiamo all’irrazionalità che scaturisce dalla perfetta razionalità dell’organizzazione tecnica, priva ormai di qualunque senso riconoscibile. Il progresso tecnico-scientifico provoca l’irreversibile decadenza dell’umanesimo: il pensiero viene sottomesso alla potenza della tecnica, che contiene una volontà di dominio.

Il problema grosso è che la tecnica non ha uno scopo. Nel senso che, nelle età pretecnologiche, la tecnica è sempre stata pensata come un mezzo. E gli scopi li assegnavano gli uomini.

Oggi la tecnica non è più un mezzo perché, essendo diventata la condizione universale per realizzare qualsiasi scopo, essa diventa il primo scopo: ciò cui ci si rivolge, innanzitutto, e alla cui conquista tutti gli uomini tendono. Solo che, quando un mezzo diventa scopo, si rivela anche un mezzo senza scopi. Per cui la tecnica a questo punto è diventata scopo. Quindi la cosa si fa ancora più drammatica, poiché essa tende esclusivamente al proprio potenziamento. Ora, siccome la politica può realizzare i suoi scopi solo se si dispone dell’apparato tecnico, siccome la stessa religione può realizzare il suo universalismo solo disponendo di mezzi tecnici, è chiaro che tutti vogliono la tecnica, la quale però è un fare afinalizzato, un potenziamento afinalizzato, per cui l’uomo oggi si trova in uno scenario senza orizzonti. E non li può certo assegnare alla tecnica questi orizzonti, appunto perché la tecnica è più forte di lui. Questa è una persuasione diffusa anche a livello elementare: ad esempio la gente oggi di fronte ad un incidente stradale o a uno scontro fra due treni spesso cosa dice? Che è stato un “errore umano”, per cui l’uomo è già pensato come un errore, e lo si pensa dunque solo in relazione alle esigenze dell’apparato tecnico.

Abbiamo un’etica laica che trova in Kant il suo maggiore esponente: afferma che l’uomo deve essere trattato sempre come un fine e mai come un mezzo, lasciando implicito che tutte le altre cose possano invece essere trattate come un mezzo. Solo che oggi posso davvero trattare come un mezzo gli animali, i pesci, le piante, l’aria, l’acqua, cioè tutto quel che è fuori dall’umano? No, perché la tecnica sta disfacendo l’habitat in cui vivo, per cui devo costruire un’etica che si faccia carico di sfere extraumane di cui anche l’etica laica non aveva formulato il principio.

La gente continua a pensare di vivere in un’epoca umanistica e ha, sì, una certa ansia della tecnica, ma è sempre persuasa che l’uomo possa controllare con la volontà la tecnica. E invece bisogna rendersi conto che la tecnica modifica radicalmente le figure con cui l’umanità ha pensato se stessa. Per esempio, modifica il concetto di verità. Per cui è vero quello che è efficace, quello che fa effetto: questo non si era mai detto, modifica il concetto di libertà perché io posso scegliere alla sola condizione di poter essere tecnicamente competente, perché se invece non ho una competenza non posso affatto scegliere…