Il senso del progresso a livello comunale

Mio nonno, ul Duard, credeva nel progresso, che per lui era rappresentato dal suo lanciafiamme (una rombante Vespa argentata) e dall’avanzamento di possibilità lavorative per i suoi figli. Nelle sere estive, dopo il lavoro nell’orto, si sedeva sulla panca verde e riceveva spesso la visita dei suoi antichi pazienti dell’Adorna a cui, con spirito più umano che terapeutico, offriva un tazzino di vino. Era una bella vita quella della Mendrisio di trenta, quarant’anni fa, e molte immagini provocano malinconia in chi l’ha vissuta, com’è per le cose andate che si sono portate via la nostra giovinezza. Ora, i temi sono altri, e mi diverte pensare all’espressione di mio nonno se si trovasse a vedere il momento attuale: si sentirebbe un poco sconcertato, ma non dubito che saprebbe presto ritrovare la sua forza d’animo e il suo buonumore perché, da buon conoscitore dei tempi dell’agricoltura, saprebbe che in natura tutto è ciclico, in eterno mutamento. Il progresso non si arresta, e la vita chiede un’ incessante evoluzione. L’essere umano è dotato di un’intelligenza capace di adattarsi alle situazioni più problematiche e di trovare sempre nuove soluzioni. Avverto sulle spalle la mano di mio nonno quando sento denunciare gli sconvolgimenti climatici, l’imminente catastrofe a cui andrebbe soggetta la razza umana, e altre nerissime previsioni. Ho fiducia nell’essere umano e nella sua capacità di adattamento, e sono convinta che non sarà un po’ d’aria inquinata a peggiorare le nostre vite: ogni epoca storica ha avuto i suoi inconvenienti, e la nostra è una situazione per tanti versi privilegiata. Ma sono pure convinta che il ritmo del progresso si debba oggi misurare in termini di decrescita. Una serena, gioiosa decrescita. Ci siamo inebriati di progresso, di un mal interpretato ed eccessivo uso della parola libertà: abbiamo posseduto fino all’eccesso, e ci siamo accorti che ne abbiamo a sufficienza, che la ricchezza di un essere umano e di una popolazione non si possono misurare soltanto in termini economici, e che sono altri i valori che ci fanno sentire tutta la loro forza vitale e la loro energia trainante. Valori quali la condivisione, il rispetto, il tempo libero da trascorrere in modo qualitativamente alto con i nostri cari, le nostre famiglie e i nostri amici. La vita non ha valore se non se ne cerca il senso, e soltanto la ricerca di senso è in grado di nutrire una comunità. Siamo in tempo per attuare un sogno, per compiere dei gesti rivoluzionari che come tutti i grandi gesti partono dalle piccole cose: spostarci meno perché siamo intenti a creare una vita di valore laddove restiamo, coinvolgere, condividere, cercare insieme nuove idee creative capaci di rendere migliore questo mondo per i due giorni che ci resteremo e per quelli, a seguire, in cui resteranno i nostri figli e i nostri nipoti, seguendo i nostri avi e onorandoli con quanto sapremo costruire e per quanto sapremo ascoltare. Sediamoci sotto un grande albero e interrompiamo la catena di lamentele e recriminazioni per immaginare un mondo migliore, per progettare una città basata su un nuovo modo di intendere il progresso.